{"uniqueId":"grid_headingdcl","mobileExpanded":true,"level":"3","text":"“Due anni di lavoro hanno dato i loro frutti: tre prototipi per la localizzazione di persone con disturbi dello spettro autistico. Presto li presenteremo alla Fondazione Vodafone che ha finanziato questo progetto di ricerca e sviluppo”","isLeading":false,"isTrailing":false,"hasNoGutter":false,"isCenterAligned":false,"react_component_name":"headingDclComponent",":type":"webaem/components/content/commonComponents/headingDCL"}
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{"uniqueId":"grid_articledcl","mobileExpanded":true,"html":"<p><i><br>\r\n Milano, 19/11/2020</i></p>\r\n<p>Gianluca Nicoletti, giornalista, nota voce radiofonica e anima di Cervelli Ribelli, racconta con soddisfazione i risultati di un impegno nel quale è stato affiancato da altri genitori ma anche da esperti del Politecnico di Milano. Obiettivo dare uno strumento che aiuti gli autistici a non perdersi. “Succede spesso e in molte occasioni con esiti drammatici”, ricorda Nicoletti che ha fatto una lunga ricerca negli archivi Ansa per ricostruire tutti i casi del passato.</p>\r\n<p>“Leggendo quelle storie risulta chiaro che può succedere a tutti, alle famiglie più attente, come agli operatori più professionali: bastano pochi secondi per perdere le tracce di una persona che soffre di questi disturbi. Per integrare tutto ciò che già si fa ora, abbiamo progettato dei dispositivi da far indossare alle persone a rischio smarrimento, dispositivi che danno l’allarme e permettono di ritrovare chi si è perso”.</p>\r\n<p>Fondamentale è stato il confronto con le famiglie, che hanno suggerito le soluzioni più adatte. “Dovevamo creare un oggetto poco invasivo: le persone con disturbi dello spettro autistico tendono a liberarsi tutto ciò che considerano estraneo”. E con il supporto di un team del Politecnico di Milano si è arrivati a tre possibili dispositivi.</p>\r\n<p>“Il primo l’abbiamo chiamato My Way”, racconta Nicoletti. “E’ una fibbia da cintura. Il secondo, Only You, è un piccolo contenitore che va applicato a un indumento intimo, l’ultima cosa che un persona si toglie di dosso. Infine, una soletta che si adatta a qualsiasi tipo di scarpa. In tutti e tre i casi si tratta di soluzioni che evitano alla persona lo stigma di portate un dispositivo speciale, qualcosa di analogo al braccialetto elettronico dei detenuti”.</p>\r\n<p>Il cammino però è solo iniziato. “Sì, il nostro è un punto di partenza”, ammette Nicoletti. “Ora bisogna trovare soluzioni tecnologiche che permettano di ridurre ulteriormente le dimensioni di questi tre prototipi. E poi ci auguriamo di trovare chi decida di produrli e commercializzarli. Sarebbe poi fantastico se, una volta disponibili nelle versioni finali, le autorità decidessero di considerarlo un presidio sanitario da fornire non solo agli autistici, ma a tutte quelle persone che rischiano di perdersi”.</p>\r\n","react_component_name":"articleDclComponent",":type":"webaem/components/content/commonComponents/articleDCL"}